Building a multicultural community (in italian)

Intervista a Luciano Serra, CEO di B On Board

Quali sono i valori di B On Board e come nasce?

B On Board nasce dalla considerazione che vivendo in un mondo sempre più globalizzato, la multiculturalità, sia degli individui, che delle organizzazioni sia un valore e sempre più un vantaggio, anche competitivo anche in termini aziendali. Questo dev’essere compreso anche dalle imprese italiane che sono sempre più coinvolte nei processi di internazionalizzazione, ma che, allo stesso tempo, rispetto alle imprese di altre nazioni occidentali, sono un passo indietro in termini di approccio, di multiculturalità, di conoscenza della lingua, di presenza sui mercati internazionali. Quindi tutto parte da un ragionamento molto semplice rispetto a tutto quello che è il valore implicito associato alla diversità, che se ben gestita, porta a ricadute di natura economica e sociale. Diversità vuol dire diversità di lingua, cultura, mindset che rendono più intelligenti, più competitive e più adattative alcune aziende. Questo è un lato della medaglia, ma poi c’è il risvolto sociale: favorire l’integrazione tra diverse culture, valorizzare il contributo di talenti di origine straniera che vivono nella nostra società, che possono essere cittadini nati in Italia da genitori di altri paesi oppure che si sono trasferiti dopo la nascita per studiare o lavorare. Abbiamo un patrimonio di risorse importante e che cresce in termini di dimensione, perché il numero di stranieri residenti in Italia che sta crescendo molto, ma anche in termini qualitativi, perché c’è la fascia alta che ormai è professionalizzata, che ha studiato nelle nostre università e magari ha preso anche il master e queste persone, oltre ad avere tutte le competenze degli italiani possono portare in aggiunta anche la seconda cultura che può essere utile per le imprese per andare all’estero e diffondere i propri servizi in giro per il mondo.

Il 2015 è stato l’anno di Expo,che ha attratto a Milano milioni di persone e migliaia di aziende da tutto il mondo. Le aziende italiane hanno saputo cogliere questa opportunità per incontrare controparti straniere?

Sicuramente Expo ha rappresentato un’opportunità per le aziende che si internazionalizzano e diversi operatori sia pubblici che privati hanno organizzato programmi di incontri tra delegazioni di imprese o singole aziende. Noi abbiamo deciso di contribuire, come sponsor e come partner operativo,al più importante di questi programmi, Expo Business Matching, ovvero l’iniziativa ufficiale di matching B2B di EXPO che ha organizzato circa 2.000 incontri tra imprese italiane e imprese straniere, al fine di promuovere lo sviluppo di partnership commerciali con l’estero. E’ stata un’iniziativa di grandissima rilevanza, la più grande mai realizzata in Italia. Peraltro nelle precedenti edizioni dell’Esposizione Universale non si era mai sfruttato il passaggio di milioni di visitatori stranieri, molti dei quali manager ed imprenditori, per favorire il contatto in maniera strutturata con le aziende. E’ stata davvero una bella idea che EXPO, camera di Commercio di Milano, etc. hanno avuto. B On Board ha contribuito con le sue competenze specifiche nell’ambito della multiculturalità: è stato il nostro personale che ha guidato e gestito i meeting, facendo mediazione culturale e linguistica in nove lingue straniere.
Proprio la relazione che si è stabilita tra tutti i mediatori linguistico-culturali che hanno lavorato con noi sul progetto ci ha portato a lanciare alla fine di Expo una community di talenti multiculturali, chiamata “You Multicultural” . Siamo convinti che possa rappresentare un canale innovativo per individuare giovani multiculturali ad alto potenziale da selezionare e presentare alle aziende in fase d’internazionalizzazione e al tempo stesso ci consentirà di offrire alle imprese la possibilità di partecipare ad incontri dedicati in cui confrontarsi direttamente con esperti multiculturali per esporre i propri progetti internazionali e raccogliere suggerimenti ed osservazioni in un modo fresco, social e collaborativo.

In ultimo: dal suo punto di vista privilegiato, le sembra che gli occidentali comprendano le opportunità del continente africano e nel suo sviluppo o piuttosto lo considerino, o siano abituati a considerarlo unicamente teatro di problemi?

E’ indubbio che vi siano difficoltà di questo tipo: difficoltà di comprensione e di interpretazione da parte del mondo occidentale e soprattutto, direi europeo… poi noi in Italia siamo addirittura sotto la media europea per quanto riguarda gli investimenti nel continente africano. Da un lato non c’è dubbio che la storia recente, fatta di guerre civili ed instabilità abbia generato una percezione dell’Africa che poi diventa difficile nell’immediato cambiare nella mente delle imprese italiane. Purtroppo ci vuole un po’ di tempo perché il management delle nostre aziende cancelli il passato e comprenda che c’è stata un’evoluzione molto rapida, specie in alcuni paesi che sono diventati ormai paesi stabili sui quali è giusto e si deve andare ad investire. Pensiamo alla Cina: rispetto ai cinesi che hanno capito prima di noi e si sono mossi prima di noi verso il continente africano, addirittura colonizzando porzioni intere del continente, soprattutto quelle sulla costa orientale, dunque più vicine alla Cina e più agevolmente raggiungibili via mare, noi scontiamo sicuramente un ritardo notevole. Stiamo assistendo, però, in questi ultimi 4 o 5 anni a dei progressi importanti: si cominciano a vedere più progetti europei ed italiani che sono focalizzati sull’Africa. Per quanto concerne l’Italia mi sembra di vedere soprattutto tre settori coinvolti: il settore costruzioni e dunque creazione di infrastrutture in questi paesi, la parte impiantistica e poi il settore estrattivo, che in Italia è molto concentrato, ma ad ogni modo in questi tre settori ci sembra di vedere in questo momento stanno attirando di più le imprese italiane verso il continente africano. Tutti sappiamo che l’Africa sarà il continente di maggior crescita in questo secolo, ma noi italiani però scontiamo una certa prudenza, magari eccessiva nel tradurre questa consapevolezza in passi concreti.

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